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USA: VERSO IL DISASTRO ECOLOGICO A CAUSA DEL PETROLIO
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29 aprile 2010 - La corsa contro il tempo per fermare la marea di petrolio che si allarga nel golfo del Messico è ormai agli sgoccioli. Con le propaggini della macchia a 30 km dalla costa della Luisiana gli esperti si stanno già preparando a valutare i danni al delicatissimo ecosistema, che rischiano di durare per anni.
"Questo rischia di essere il più grande disastro naturale della storia
- spiega Greco - fra gli effetti sulle coste e quelli sui fondali l'ecosistema impiegherà almeno 50 anni per riprendersi dalla catastrofe".
Le zone del delta del Mississipi sono già presidiate in attesa dell'arrivo dell'onda, previsto per domani sera. Sono già state disposte 30 chilometri di barriere lungo la costa, con altri 150 pronti ad essere posizionati e altre misure che stiamo per mettere in atto sono l'uso dei cannoni per spaventare gli uccelli e farli volar via e l'impiego dei battelli dei pescatori per versare detergenti dove ci sono le secche.
Queste misure però rischiano di rivelarsi solo dei palliativi, data
l'enorme quantità di petrolio riversato in mare
: "Non ci sono le capacità per evitare che la marea raggiunga le coste a questo punto - spiega Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente -
una volta che le coste sono contaminate si può intervenire con i volontari ogni volta che si vede un animale in difficoltà, mentre i metodi di dissuasione possono forse funzionare per gli uccelli, ma ad esempio non per i grandi pesci pelagici".
Il danno per l'ecosistema sarà incalcolabile, affermano gli esperti, e si farà sentire a tutti i livelli:
"Ci saranno danni sia per gli organismi più piccoli, come il fitoplancton di cui si nutrono diversi organismi marini, sia per i pesci e i mammiferi - conferma Greco - molte delle sostanze tossiche inoltre si accumulano man mano che si sale nella catena alimentare fino ad arrivare agli animali più grandi, per non parlare di quelle che si depositano sul fondo". Il disastro non poteva capitare in un momento peggiore, visto che questo è il periodo in cui la maggior parte degli animali si ferma nella zona per riprodursi.
Secondo la 'classifica' stilata dai biologi americani, la specie a rischio più immediato è quella del tonno atlantico
: già in via di estinzione, questo pesce deposita le uova nel golfo del Messico proprio tra metà aprile e metà giugno.
In pericolo sono anche le tartarughe marine
, di cui cinque delle sette specie conosciute scelgono proprio il delta del Mississipi per le loro rotte migratorie.
Nel golfo c'é anche una delle 'nursery' preferite dagli squali
, nelle Chandeleur Islands, minacciate molto da vicino dalla marea. Se gli squali soffrono, non stanno bene neanche i cetacei, che sono a rischio sia per gli effetti diretti del petrolio inalato o ingerito sia perché sarà contaminato anche il loro cibo principale, il krill.
A rischio é anche una grande quantità di uccelli
, dai pellicani che depongono le uova in questo periodo ad altre specie di migratori (96 solo di passeri) che scelgono proprio le aree umide del golfo come 'autogrill' per una sosta nelle loro rotte. "L'unico modo per ripulire le coste è meccanicamente - conclude Greco - ma il problema è su un'area così vasta che dubito che ci siano sufficienti forze. Basti pensare che per una contaminazione analoga ma molto più piccola nella Locride l'anno scorso abbiamo dovuto usare 500 volontari per una settimana".
(ANSA)
da AnimalieAnimali
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