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UN MIRACOLO DI NOME DABI

Un miracolo di nome Dabi


Davide Demichelis racconta a Gattopoli il salvataggio del suo piccolo amico: dalle cucine di un ristorante in Corea del Sud, al calore della sua casa.

Incontro Davide una fredda mattina di gennaio, lasciata la nebbia della Val Padana per entrare in quella piemontese. Mi viene incontro il nostro protagonista scodinzolando, precedendo Davide quasi a voler mostrare la sua ospitalità poi, una volta entrati in casa si siede ai piedi del suo amico a due zampe, mentre ci ascolta parlare , immergendosi in poco tempo in un pacifico sonno ristoratore.

 
Amici per la pelle, è proprio il caso di dirlo, e mai aggettivo fu più azzeccato. Eh sì perché Dabi, che in coreano significa Davide, deve la sua vita nel senso più stretto del termine a Davide Demichelis, al grande pubblico televisivo conosciuto per “Il Pianeta delle Meraviglie”, “Timbuctu” (oggi “Viaggi di Davide”), documentari girati in tutto il mondo sempre con un occhio di riguardo per gli animali, e ultimamente per “Radici”, L’altra faccia dell’immigrazione.

 
Sorseggiando una buona tazza di tè caldo, Davide comincia il suo racconto: l’idea di un viaggio in Corea per realizzare un servizio sulla cinofagia nacque dal programma Rai “Il pianeta delle Meraviglie”. Partito con la sua troupe, evitando Seul dove i negozianti si insospettivano subito alla vista delle telecamere degli occidentali, si era recato in uno dei quartieri famosi proprio per questo: Daegu, una grande città a quattro ore di macchina da Seul, due milioni e mezzo di abitanti e un grande mercato, dove sono in vendita anche cani e gatti.

“Quegli occhi, quegli occhi che mi guardavano dietro le sbarre... hanno lasciato un segno indelebile nella mia memoria” inizia Davide” sembravano domandarmi qualcosa. Una domanda diretta, perentoria: perché? E’ vero, quante volte li ho osservati, anzi, mi hanno interrogato anche qui da noi, incrociando camion zeppi di mucche o pecore trasportati su e giù per l’Italia. Ma quei cani chiusi in gabbia in un mercato della Corea del Sud avevano uno sguardo più penetrante, o almeno, per me, più espressivo.

Ci siamo addentrati un po’ nei vicoli per trovare la zona degli animali, ed ecco le prime gabbie: prima le oche, poi le galline, e quindi loro: i cani. Erano là dietro le sbarre, e ci scrutavano, con quei loro sguardi interrogativi. Erano quasi tutti della stessa razza tipica coreana: jindo, che lì chiamano “cani gialli”. Hanno le dimensioni di un pastore tedesco, un po’ più robusto. Un adulto, vivo, costa 200 dollari. E’ caro, perché la carne di cane è un lusso e un piatto di questa al ristorante costa fino al doppio di un'altra pietanza. Si poteva comprare il cane vivo e portarlo via, acquistare direttamente la carne oppure trovarla già cucinata: un vicolo del mercato infatti era occupato dai ristoranti che servono boshintang (stufato di carne di cane) e goyangi soju (brodo di gatto).

Giravamo tra le gabbie mentre i negozianti, in silenzio, ci tenevano sott’occhio. I cani erano abbastanza silenziosi, qualcuno però si metteva ad abbaiare al nostro passaggio. Uno, in particolare, era chiaramente ammalato, in pessime condizioni, abbaiava e saltava su e giù per la gabbia, travolgendo i suoi due compagni di sventura.  

Un telo di plastica copriva una grande gabbia, ma da un foro nell’angolo basso sbucava un naso e si intravedevano due occhi, e non riuscii a trattenermi dall’accarezzare quella creatura visibilmente terrorizzata.

Poco più in là c’erano due dalmata e un collie: probabilmente erano animali di proprietà , poi forse smarriti o abbandonati, erano finiti in gabbia, anche loro avrebbero fatto la stessa fine degli altri.. Solitamente negli allevamenti di cani da macello, in Corea, si trovano solo jindo. Però può capitare anche a cani di altre razze di finire nel mercato, magari dopo anni di convivenza con l’uomo.

        

Camminando su e giù per il mercato, trovammo anche un banchetto con cani di piccola taglia, qualche barboncino e altri meticci delle stesse dimensioni, che abbaiavano, vivaci, dimenandosi nella loro piccola gabbia.

La gente aveva già fatto il passaparola e si stava creando il vuoto intorno a noi occidentali con la telecamera.

Fu allora che, incontrato lo sguardo triste di quel piccolino bianco e nero, decisi che eraproprio Lui e lo chiesi al negoziante: questo senza tanti complimenti afferrò  dalla collottola il cane, lo tirò fuori dalla gabbia in malo modo, e legato al guinzaglio me lo mostrò. Nessuna trattativa: voleva 50 mila won, una quarantina di euro. Pagai e ci incamminammo per andarcene e passando davanti alle gabbie gli altri cani,ancora chiusi, abbaiavano più di prima, quasi avessero capito e chiedessero di essere portati in salvo anche loro. Uscendo dal mercato attraversammo il vicolo dei ristoranti facendo le ultime riprese, ma questa volta un paio di negozianti ci cacciarono mostrando i pugni.

Ho ben impresso nella mia memoria quel momento: avevo Dabi in braccio e lui sembrava incollato, quasi “spalmato” su di me. L’episodio più impressionate è stato quando, attraversammo un vicolo, il suo cuore sembrò impazzire, si mise a battere fortissimo, forse per il buio, l’odore acre emanato dalle cucine: aveva capito benissimo dove si trovava, ma almeno lui lì non ci sarebbe più tornato."

Non posso fare a meno di guardare Dabi che, ancora tranquillo ai nostri piedi, muove inconsciamente occhi e zampette,  forse sognando una bella corsa nel suo giardino.

“I giorni seguenti, mentre finivamo di girare il nostro reportage in Corea, Dabi è stato ospitato da una donna fantastica: Sunnan Kum, la responsabile di KAPS (Animal Rescue Korea) che lo ha ricoverato in quanto le sue condizioni di salute non erano proprio eccellenti a causa di un parvovirus conclamato e avevamo un viaggio piuttosto pesante da affrontare per rientrare in Italia! 

Sito Internet: http://www.animalrescuekorea.org/

Facebook: http://www.animalrescuekorea.org/

        

Nel viaggio di ritorno in aereo Dabi, chiamato così proprio da Sunnan, è stato accanto a me tutto il tempo senza fiatare, senza mostrare la necessità di fare anche un solo bisogno, insomma, sembrava che nemmeno ci fosse, quasi fosse consapevole che non bisognava attirare troppo l’attenzione..

“Arrivati a Roma, ciò che più temevo - prosegue Davide – nonostante avessimo tutti documenti in regola, erano i controlli. Soprattutto perché quando siamo atterrati a Fiumicino era domenica, e così l’Ufficio Veterinario dell’aeroporto era chiuso. Un cane coreano sporco e nemmeno tanto in salute temevo che destasse sospetti, e invece…altro colpo di scena: Dabi passò tranquillamente con i bagagli e così diventò a tutti gli effetti italiano!

 
Poi, una tenerezza infinita, il primo con la nostra terra: aperto suo piccolo il trasportino nel prato di fronte all’aeroporto, Dabi  fece appena in tempo ad uscire con le zampette anteriori, senza nemmeno uscire con tutto il corso dalla gabbia, e allora partì una pipì interminabile. Aveva aspettato tanto da non farcela più, ma senza mai darlo a vedere!   

Trascorremmo la notte in un albergo di Roma e nella vasca da bagno il mio amico fece il primo incontro con acqua e shampoo… l’impresa di pulizia dell’hotel il giorno seguente avrebbe invece avuto un incontro ravvicinato con un bagno in pessime condizioni, sporco e pieno di peli. Non oso pensare come avranno commentato la mia stanza!” 


E scoppiamo a ridere entrambi.

“Una volta rientrati in Italia - continua  -Dabi è diventato un vero e proprio vip, ospite in varie trasmissioni, sulle copertine di riviste,    addirittura giurato insieme a me ad una competizione Internazionale per radio, tv e web indetta dalla Rai!! E chi lo avrebbe mai detto?!”

E il suo carattere? Intendo al di là delle telecamere e dei servizi televisivi e fotografici, com’è in privato il la nostra star? Ha portato con sé segni evidenti della vita precedente?

 
“Guarda - mi dice Davide - credo che sia vissuto in una famiglia prima di arrivare alla gabbia di quel mercato, ho capito che i bambini non li gradiva molto, all’inizio. Poi la sua insicurezza lo portava a camminare talmente attaccato a me che quasi rischiavo di calpestarlo, ma soprattutto la vista di bastoni o anche di un ombrello chiuso, lo agitava tantissimo e iniziava ad abbaiare… penso che ne abbia assaggiato qualcuno sulla sua schiena, purtroppo per lui.

   

Dopo pochi mesi però le cose sono migliorate tantissimo ed ha perso diversi timori, per lasciare il posto a tutte le coccole e le attenzioni che non gli abbiamo mai fatto mancare.”

Ne sono sicura, questo è tangibile. Davide si è alzato un paio di volte per mostrarmi alcuni quotidiani e fotografie durante il nostro incontro e lui era la sua ombra. Sempre dietro di lui, una scorta personale!

E’ ormai ora di andare, sebbene a malincuore. Mi aspetta la mia famiglia a due e quattro zampe e un po’ di autostrada …

Ringrazio il padrone di casa per l’ospitalità e il tempo che ci ha dedicato, faccio le ultime coccole a Dabi e mi metto in auto ripensando a quel musetto speciale e all’immensa fortuna che ha avuto un giorno come tanti, che poi si è rivelato IL giorno speciale, in cui i suoi occhi intimoriti hanno incontrato quelli di Davide.

Elena Vandelli

www.gattopoli.it

 
 
I filmati del viaggio sono visibili ai seguenti link:


 Reportage sulla cinofagia in Corea del Sud: https://vimeo.com/83922431
Il viaggio di Dabi verso l’Italia: https://vimeo.com/83925964


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