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Treviso: racconti di naja alpina. Alberto, zaino e gatto in spalla
L’animale “arruolato” ha condiviso anche il rancio alpino




TREVISO. A una prima lettura questa storia sembra una pillola di filosofia felina, peraltro di infima categoria: “Mangia a sbafo, dormi al caldo e, quando sei soddisfatto, cambia lido”. In realtà il racconto di Alberto, alpino, corso numero 117 Auc della scuola militare di Aosta, parla di un’amicizia tanto strana quanto fugace, nata con un piccolo gatto impertinente, nell’inverno del 1985, «il più freddo del secolo dopo il 1916, con meno venti di media», tiene a precisare. Alberto Gottardo ha trascorso un’intera giornata di esercitazione in montagna con un batuffolo di pelo appallottolato sulla schiena: «Lo zaino pesava 25 chili, due o tre in più non facevano una gran differenza su spalle ben allenate».
 
Occasione per raccontare questo fugace incontro, la nostra iniziativa “Ricordi di naja”. Tra storie, cartoline e lettere arrivate a alpini@tribunatreviso.it, è sbucato questo cammeo alpino, la storia di “Alberto e il gatto”. «Eravamo in pattuglia continuativa», racconta l’alpino, «vivevamo per giorni in montagna, isolati, tra boschi innevati, combattendoci tra plotoni, facendoci imboscate e sparandoci a salve in caso di contatto. Se riuscivamo a raggiungere in un dato tempo un punto definito sulla carta trovavamo chi ci distribuiva le razioni “K” e quindi si mangiava, altrimenti ci si affidava a quanto ciascuno portava di nascosto nello zaino e si condivideva».
 
D’un tratto, in questo scenario di guerra, pur simulata, compare lui: «Avevamo lasciato alle 4.30 il posto dove avevamo pernottato all'addiaccio, una casa in costruzione in una piccola frazione sopra Aosta, e ci stavamo inoltrando nel bosco. Un gatto aveva sfruttato per dormire il calore emesso da un ammasso di sacchi a pelo e voleva probabilmente condividere la nostra giornata, così ci seguì lungo la pista tracciata dalla nostra pattuglia. Mano a mano che ci si inoltrava tra i pini carichi di neve, il gatto, sempre in coda a noi, continuava a seguirci, finché iniziò a sprofondare nella neve fresca».
  
Con le zampe inzuppate e semi-ibernate la presenza felina da discreta diviene molto chiassosa, tanto da rendere rischiosa l’esercitazione in incognito. «Nel silenzio dell'oscurità e in vicinanza presunta del “nemico”, il gatto cominciò a miagolare così forte che saremmo stati scoperti se non fosse balzato al sicuro sul mio zaino, all'asciutto, comodo dietro la mia testa. Non ci fu verso di farlo scendere». Ed ecco che inizia il percorso a due: «Continuai la pattuglia per tutta la giornata con il gatto sempre dietro la testa, sopra la patella dello zaino». Durante la giornata i due “amici per caso” sono entrati in confidenza, tanto da dividere il magro rancio: «Quando ci fermammo a mangiare le nostre razioni da combattimento divisi la scatoletta di tonno con il mio amico a quattro zampe e gli spremetti il latte condensato dal mio tubetto su una pigna, mentre lui condivideva quel pranzetto spartano».
 
Soddisfatto? Nemmeno per idea, a pancia piena il gattino si ripiazza al suo posto, sullo zaino di Alberto: «Ci rimettemmo in cammino e di nuovo lui sulla mia groppa. Fino al tardo pomeriggio, quando, dopo un lungo giro sulla montagna ritornammo verso il paese. Passando tra le prime case ed evidentemente riconoscendo la sua, con acquistata sicurezza balzò dallo zaino ed entrò nel giardino, dileguandosi alla mia vista». Questa storia termina così, senza nemmeno un saluto. Ma nel cuore di Alberto resta un ricordo indelebile:
«Dopo trent'anni mi rimangono queste foto ed il ricordo di un'esperienza particolare». Sicuramente unica.
Fabiana Pesci
 

http://tribunatreviso.gelocal.it/treviso/cronaca/2017/03/04/news/zaino-e-gatto-in-spalla-la-pattuglia-di-alberto-nell-inverno-piu-gelido-1.14970721

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