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13 feb 12 - Le prime pagine dei giornali sono poco frequentate dagli eroi, dai santi e dai navigatori, e i personaggi che le occupano hanno sempre lo spazio disponibile. Politici, nel bene e nel male. Pubblici amministratori, vip stanziali o in transito, trasgressori a vario titolo della normalità, malviventi, vittime di malviventi, e chiunque per una ragione o per l'altra attiri la curiosità dei lettori. Adesso anche quest'inverno assolutamente esagerato ha un posto in vetrina.
 
Ma ieri in primo piano c'era una persona, una giovane donna, che gestiva un negozio di moda e amava incondizionatamente il suo piccolo cane. Lo amava da morire, e non era la metafora che noi usiamo spesso senza rischiare nulla. Lei, Chiara Locrati, 36 anni, padovana residente a Stra, non ha esitato a gettarsi nel Brenta dove il cane era caduto e stava affogando: è riuscita a spingerlo verso l'argine con le residue energie, prima di scomparire. Possiamo immaginare che in quei frammenti di tempo entrambi abbiano rivissuto, ciascuno a modo proprio, l'indicibile ferocia del caso che li aveva uniti e che ora li divideva.
 
I mass media con le notizie quotidiane, con le parole e le immagini, fanno della vita e della morte le due facce della medesima medaglia. Quasi sempre la morte è un avvenimento consueto che non fa notizia, come diciamo noi. Per la stragrande maggioranza dei defunti, neppure la vita aveva fatto notizia. C'è questo incessante andirivieni nella sala d'aspetto della stazione planetaria in cui transitiamo prima di dissolverci. Eppure, Chiara e il suo cane rappresentano, della condizione umana, qualcosa che meriterebbe di essere conservato. E' attraverso minuscole storie come questa che speriamo di trovare un po' di redenzione al momento opportuno. Chissà quanti umili e inconsapevoli comportamenti di gente senza volto e senza nome impediscono che la bilancia si rovesci sotto il peso della violenza di cui siamo avidi consumatori, della vergogna che ci priva ormai anche del gusto di arrossire.
 
Notizie come questa non andrebbero commentate. Incombe su chi osa farlo il rischio di coprire l'ipocrisia con una cipria di largo consumo. O, peggio ancora, di manifestare nostalgie deamicisiane mentre pascoliamo nelle discariche televisive. In fondo, siamo tornati sulla morte di Chiara solo per allungare il suo ricordo di altre 24 ore. Ci pareva le fosse dovuto e che ne valesse la pena. E anche per fare cosa grata a un povero animale che non lo saprà mai.

Fausto Pezzato - Corriere del Veneto

Animalieanimali.it


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