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RICHARD GERE IN "HACHIKO: A DOG'S STORY"
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RICHARD GERE E IL CANE - UN RED CARPET SPECIALE
•"Amo il cinema italiano"
Un legame profondo e speciale, magico, che trascende il «banale» rapporto d'amicizia per conquistare la sfera dell'amore. Questo il significato profondo di
«Hachiko: A Dog's Story»
per Richard Gere, presentato oggi, storia del
rapporto singolare tra un professore e il suo cane, Hachi
, riadattamento americano di un famoso racconto giapponese. Atteggiamento «sereno», fascinoso in completo grigio su camicia azzurra, rosario buddista al polso, il divo di Hollywood saluta la platea con le mani giunte e l'inchino, e porta un'aura di spiritualità all'Auditorium. Appassionato di animali, rivela che in fondo questo film l'ha fatto per il suo cane e per il figlio che oggi ha nove anni. «Il
film parla di una storia semplice, la sfida di stata proprio di fare un film semplice, tanto quanto lo è la storia.
Di fatto abbiamo lavorato col montaggio per renderla quanto più semplice. È quasi un film muto. Volevo realizzare un film che fosse come quando si racconta una storia intorno al falò. Quando nel bagliore delle fiamme si dice 'hai sentito mai la storia del cani di Achì. Questa è la semplicità,
abbiamo fatto un film di un'ora e 37, eliminando parti che non fosserolegate alla semplicità. La fiducia era tutto sul materiale. Nessun gioco di cinema ma solo una storia di un cane».
LE LACRIME DI RICHARD Continua Gere: «
È una storia vera, su un rapporto straordinario tra un cane e il suo padrone.
Parla della forza della vita, è una storia spirituale, senza tempo senza inizio e senza fine, una fiaba per bambini e adulti, è una di quelle storie che entrano dento di noi, misteriosamente, con una forza interna. Anch'io ho pianto come un bambino leggendo lo script, ero entusiasta della storia. La raccontavo ai miei amici e pianegevo. La forza la potenza della storia è un mistero. Ha ache fare con l'accettazione pazienza amore compassione, cose che rappresentano quallo che siamo veramente. Noi non siamo il lavoro che facciamo, il taglio di capelli, i vestiti eleganti, ma la forza misteriosa che anima il nostro amore. È una storia che funziona a livello inconscio».
UN ATTORE VERO... Ci tiene a sottolineare l'attore: «
È una storia d'amore. Le persone hanno quasi paura a parlarne in questi termini e parlano di amicizia ma è amore, niente che fare col sesso, ma alla qualità dell'essere»
. Per le riprese con il cane di razza Akita, racconta Gere: «Abbiamo preso la decisione consapevole di non addestrare il cane. Solo qualche accorgimento per due o tre scene, ma poi
abbiamo creato un ambiente di fiducia in cui il cane si sentisse a suo agio.
Abbiamo lavorato col cane e consentito che succedesse qualcosa di magico, a volte non succedeva nulla. Era come lavorare con un bambino, poteva uscire fuori qualcosa di magico sempre. Siamo stati fortunati nel cogliere la magia che naturalmente veniva fuori». I pensieri volano anche al Dalai Lama: «Praticavo buddismo da quando avevo vent'anni, all'inizio della mia carriera, prima di incontrare sua maestà, avevo i miei antichi maestri zen. Quando l'ho incontrato l'impatto e stato grandissimo, la profondità di saggezza dei suoi insegnamenti sono interni».
RICORDANDO KUROSAWA... Un ricordo va anche a Kurosawa, con cui ha lavorato in un film: «Un leone gigantesco». E torna a parlare di cani, cui è molto legato: «Ho un cane. Ma fin da piccolissimo avevo un cucciolino Chipper, il mio primo amico. Molti cani dopo, Billie.
Il cane è un compagno speciale Ho voluto fare questo film perché avevo un rapporto speciale con il cane
.
È qualcosa di vasto e senza tempo, amici da diverse reincarnazioni. Felice di riprendere l'amicizia con questo essere
». E rivela chiaramente: «Ho scelto di recitare in questo film perché era un film per il mio cane e per mio figlio che ha nove anni». E se gli si chiede il suo punto di vista sul rapporto tra Occidente e Oriente, dice: «L'occidente ha prodotto filosofi e movimenti spirituali vicini ai pensieri orientali. C'è una comunicazione semplice tra est e ovest cosi come nella scienza. Credo che in questo momento storico ci sia una congiunzione delle due scienze, l'esplorazione spirituale è vicino alla fisica quantistica».
"AMO IL CINEMA ITALIANO" «Adoro il cinema italiano, ne parlavo prima col mio amico Franco Zeffirelli. Ma anche Bertolucci è un grandisismo regista. E ce ne sono veramente tanti. Il cinema sembra fatto per la sensibilità italiana molto aperta, molto sperimentale, molto di cuore e fatta per la gente. È qualcosa che ti arricchisce. Ecco questo è il cinema italiano». Richard Gere rende omaggio alla settima arte italiana, intervistato dall'ADNKRONOS al Festival di Roma.
leggo.it
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