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Mentre alcuni passaggi della legge 281 del 1991 non hanno ancora trovato attuazione in Trentino, quanto si riferisce al controllo delle colonie feline attraverso le sterilizzazioni è stato da subito messo in atto.
 
Due motivi suggerivano un’azione incisiva ed estesa a tutta la provincia: la presenza di colonie molto numerose, in cattivo stato di nutrizione a causa dell’eccessivo carico sul territorio, e i “sistemi di controllo”, messi in atto da persone zoointolleranti, consistenti nell’uccisione degli animali con l’uso del veleno o del fucile, che mettono in pericolo non solo i gatti ma anche i cittadini, in particolare i bambini. Abbiamo chiesto maggiori ragguagli al dott. Franco Gatti, veterinario dell’Azienda sanitaria.
  
La campagna di sterilizzazioni da parte dell’Azienda sanitaria è iniziata fin dal 1992 a Trento, Rovereto, Arco, Riva del Garda, Dro, Torbole, Tenno, con la collaborazione delle associazioni protezioniste.
Negli ultimi 10 anni il numero di sterilizzazioni è pari a circa 500 all’anno, a cui vanno sommati dei casi singoli, o piccoli gruppi, in alcuni comuni di Giudicarie, Rendena e Valsugana. Il dato totale in realtà è maggiore, perché mancano dal computo i soggetti sterilizzati in studi privati a cura di alcune associazioni protezioniste che se ne sono assunte l'onere economico.
Risultano censite 101 colonie a Trento, Rovereto e Basso Sarca, per gli altri comuni non esistono dati certi, perché non sono stati attuati i censimenti. Prima delle sterilizzazioni le colonie consistevano in circa 10 individui, ora scesi in media a 4 o 5, alcune colonie ancor meno; i dati non sono tassativi, perché la consistenza delle colonie feline può variare nel tempo. È difficile stabilire a priori il numero ideale di gatti sul territorio, perché le variabili sono molteplici, fra esse la dimensione dello spazio a disposizione, la disponibilità di cibo e di zone di ricovero, la presenza di aree libere da costruzioni, le caratteristiche del traffico veicolare.
  
In zone con ampi spazi liberi la presenza dei gatti rimane spesso inavvertita e anche nelle aree urbane colonie di 5 o 6 soggetti vengono ben tollerate. Inoltre il numero contenuto li rende meno esposti ad epidemie, soprattutto virali, ma anche parassitarie. C’è chi vorrebbe eliminare le colonie, ma non sa a quali conseguenze ci si esporrebbe, perché ad un calo dei felini corrisponde un rapido e consistente aumento dei ratti (le temute “pantegane”). Infatti varie ricerche hanno evidenziato che, in assenza di gatti, qualsiasi campagna di derattizzazione è destinata al fallimento: senza i naturali antagonisti in poco tempo la popolazione dei ratti si ricostituisce totalmente. Un numero equilibrato di gatti, sani e sufficientemente nutriti, è fondamentale, perché impediscono il proliferare dei ratti, quelli sì pericolosi per la salute.
  
La legge 281 del 1991 prevede che il censimento delle colonie feline, la loro tutela e il controllo delle nascite sia di competenza del Sindaco di ogni comune. Qualunque cittadino può dare comunicazione della presenza di una colonia al Sindaco, affinché se ne faccia carico.
Normalmente il Sindaco fa riferimento alle associazioni o a volontari, per la gestione della colonia, e al Servizio veterinario per le sterilizzazioni. Gli oneri degli interventi sono di competenza del Sindaco e non devono essere visti come superfluo gravame, perché una colonia sana e ben controllata rappresenta una risorsa per il territorio.

Per maggiori chiarimenti in merito di tutela e sterilizzazioni delle colonie feline è possibile rivolgersi al Servizio veterinario o alle associazioni protezioniste.
 
Ivana Sandri, Trentino 


 
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