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Le associazioni in rivolta minacciano forme di boicottaggio. E dall'estero piovono accuse Puglia, 360 canili da incubo - "La Regione faccia qualcosa"
20 gennaio 2013 - Non c'è bisogno di essere zoofili per capire quanto strettamente le questioni che riguardano gli animali siano legate a economia, salute pubblica, sicurezza. Agli amministratori non si richiede dunque prova di sensibilità propria verso le altre specie - così moderna e sempre più viva presso la società civile internazionale - ma solo di assolvere a ovvi doveri verso la collettività. Gli orrori derivati dal randagismo, le immagini sconvolgenti dai canili che rappresentano il nostro Centro-Sud, in particolare la Puglia, come un terzo mondo barbarico, sarebbero evitabili con provvedimenti semplici.
Non vederli attuati lascia spazio a poche ipotesi: inadeguatezza politica, timore di interferire con interessi equivoci, partecipazione delle istituzioni nel mantenere aperta una piaga che sgomenta le coscienze e svuota le casse dello Stato. Si formula tuttavia gentile e accorata la lettera aperta al governatore Vendola, firmata dal coordinamento di associazioni e singoli riunito da Aurora Paoli, Luigia Parco e altri volontari, sostenuta da centinaia di persone, che richiama l'attenzione su una situazione insopportabile.
Sarebbero circa 360, fra censiti e abusivi, i canili pugliesi, di cui la maggior parte sembra animare il peggiore degli incubi. Il lugubre e nutrito elenco apre con il rifugio di Noha, ai cui ospiti si recidevano le corde vocali, per proseguire con il San Rafael di Taranto, sovraffollato e indisponibile agli affidi, fino agli stenti inflitti a Cassano delle Murge.
Ignavia delle Asl, gare al massimo ribasso che assegnano le strutture a chi sostiene di accalappiare, nutrire, curare, sterilizzare, far adottare i cani con una diaria di pochi centesimi, mancanza di campagne educative e regole volte a sollecitare la sterilizzazione anche fra i privati, consegnano di fatto gli animali a sofferenze inaudite e causano lo sperpero di importanti risorse pubbliche. La progredita legge nazionale 281/91 vieta infatti di sopprimere cani e gatti randagi, come pure di destinarli alla sperimentazione, ma immagina i canili come luoghi di mero transito.
Comuni e Asl, direttamente responsabili degli animali vaganti sul territorio, hanno perciò l'obbligo di provvedere a sterilizzazioni sistematiche, oltre a rispondere della permanenza nelle strutture, nonché del buon esito degli affidi. Compiti gravemente disattesi, considerato che, malgrado gli ingenti finanziamenti statali a lungo ricevuti, nel pubblico si sterilizza poco e all'utente si offrono tariffe esose.
Alcuni dati amministrativi raccolti da Raffaela Vergine, presidente dell'associazione Zampa libera, parlano di 3.861 sterilizzazioni effettuate nel 2011 presso i canili sanitari regionali, contro 9.428 cani qui ufficialmente “recuperati, identificati e assistiti”. La riflessione sui numeri si somma all'inspiegabile inefficacia dei controlli nelle strutture, compito in primo luogo delle medesime autorità sanitarie.
Non sembra quindi infondata l'ipotesi che si chiuda un occhio persino sui ripopolamenti operati da diversi canili, che reimmetterebbero con regolarità sul territorio soggetti pronti a riprodursi. Fonte di guadagni facili per troppi settori e categorie, il randagismo alimenta pure tanti traffici illeciti: lotte clandestine, vivisezione, macellazione, commercio di pelli, trasporto della droga.
Giustificata dall'ostentato disgusto degli stranieri, la stessa tendenza a ritenere le adozioni all'estero una soluzione miracolosa conduce a movimentazioni sconsiderate, che avviano migliaia di cani e gatti a varcare in massa le frontiere del nord senza tutela né tracciabilità.
di MARGHERITA D’AMICO http://bari.repubblica.it/cronaca/2013/01/20/news/gli_animalisti_a_vendola_canili-lager_addio_puglia-50909410/?ref=HREC1-10