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Neruda, così si chiamava il micione di circa 4 anni, era adagiato in mezzo all'erba tra il campetto dei cani e quello per le biciclette Bmx vicino a casa sua. A trovarlo è stato il cane con il quale la giovane era a passeggio. Aveva segni di ferite sull'addome e serrato attorno al collo un cavo di corda. Quasi irriconoscibile se non fosse stato per una caratteristiche che lo rendeva particolare: il gatto aveva solo un occhio perché l'altro lo aveva perso da piccolo per un'infezione. «L'ho girato subito per controllare», racconta Ombretta, «ed era lui. Che dolore, fare una cosa del genere a un animale dolce, indifeso, che ha avuto l'unica colpa di allontanarsi da casa per farsi un giretto. Che violenza e quale cattiveria, ma che gente c'è in giro? Non devo pensarci perché mi fa stare veramente male».
A fare denuncia dai carabinieri però non ci ha pensato un attimo. E i militari hanno preso la cosa sul serio: un gatto impiccato, infatti, non è una faccenda da sottovalutare: l'articolo 544 bis del codice penale prevede che: «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi». «A giorni», aggiunge Ombretta, «alla mia denuncia si aggiungerà anche quella della Lav (Lega antivivisezione, ndr) che ho subito informato dell'accaduto». D'altra parte con le associazioni animaliste, Ombretta, 44 anni, titolare di un'agenzia di pubblicità, è a stretto contatto da almeno 20 anni anche perché è sempre stata vicina agli Animalisti italiani. «Amo gli animali e sono contenta di darmi da fare per loro: a casa mia arriva di tutto. Cani, gatti, ricci e conigli persi, feriti o da adottare. Neruda era arrivato qui cucciolino perché aveva un'infezione all'occhio e bisognava dargli le pomate. E l'ho tenuto perché era piuttosto selvatico: non si faceva avvicinare da nessuno tranne che da me. Non capisco come possano avere fatto a prenderlo. O l'hanno catturato con una trappola, o ferito con un cane e poi ucciso strozzandolo. Oppure l'hanno fatto volteggiare in aria con la corda al collo e poi lanciato. Ripeto, non ci devo pensare». Ora se ne occuperanno i carabinieri.
Marzio Perbellini L'ARENA.IT