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Tre domande a Giovanni Bearzi, Istituto Tethys
«
La cattività non provoca la morte, ma che messaggio diamo ai nostri figli con un delfino in una vasca?
». Gioavnni Bearzi è presidente del Tethys, l’istituto di ricerca che ha come campo di studio il Santuario dei cetacei nel Mar Mediterraneo.
Voi dunque siete contrari ai delfinari?
«
I delfini fanno business perché attirano visitatori.
Si dice che si fa ricerca e didattica ma non è possibile, noi li studiamo in mare aperto.
Sono animali che si spostano di chilometri, vanno a centinaia di metri negli abissi, sono circondati da un mondo di suoni che nelle vasche non hanno più. Sono in prigione e ne soffrono
».
Quindi è vero che sono sensibili e soffrono di stress?
«Bisogna chiedersi se vale la pena maltrattare qualche animale per far vedere ai ragazzi la natura. E’ meglio portare i nostri figli nella natura, altrimenti...»
Altrimenti?
«I
ragazzi crescono con l’idea che è nostro diritto tenere un animale in gabbia per il nostro piacere.
Noi da sempre siamo contrari eticamente, non si tratta di essere animalisti “ostili”, ma di
rispetto per la natura
.
Meglio portare un bimbo in mare aperto con un binocolo e il “whale watching” costa come un biglietto per un parco».
IL GIALLO DEI DELFINI CHE SI LASCIANO MORIRE
In un mese quattro casi senza risposta
Tango, Beta e due piccoli.
Quattro delfini morti tra acquari e parchi in poco meno di un mese
: a Gardaland, nell’acquario di Genova e nel delfinario Oltremare di Riccione. Flipper invece dovette morire cinque volte: tanti delfini ci sono voluti per girare il serial tv degli Anni Sessanta: «
morivano per lo stress
», dissero i veterinari.
L’ultimo si è suicidato
, come ha raccontato il suo addestratore Ric O’Barry: «Mi ha guardato negli occhi e ha smesso di respirare. Per i delfini il respiro non è automatico.
Lui ha smesso e basta». Da allora O’Barry si è unito alla schiera di animalisti che lottano, protestano, come in questi giorni in Italia contro la cattività dei delfini. «
Continuano a dirci che stanno benissimo negli acquari e nei parchi ma non è vero».
Nadia Masutti è responsabile Lav per circhi e zoo:
«Sono una specie protetta. Non è vero che nelle vasche ci sono solo animali nati in cattività e nemmeno che vivono fino a 35 anni. Ne muoiono tanti “ufficialmente” e chissà di quanti di cui non si nulla.
Chiediamo che il sottosegretario Marini apra un’inchiesta su queste morti
». Dall’Enpa accuse ancora più dure: «Ormai nei delfinari può succedere di tutto - dice Giovanni Guadagna - quanto alle supposte cause di morte, sembra che un cucciolo a Riccione sia stato ucciso da un altro delfino vittima di un’aggressione, madre e cucciolo non dovevano stare in quella vasca».
Acquari e parchi non ci stanno a fare la parte dei «cattivi».
Da un lato Gardaland rilascia uno scarno comunicato per Tango «in attesa dei risultati della necropsia, per conoscere le cause della morte»: il Palablu di Gardaland, è stata la prima struttura realizzata nel rispetto delle convenzioni internazionali con un’avanzatissima tecnologia per la depurazione delle acque, dove lavorano esperti di biologia, ecologia e conservazione dei cetacei.
I veterinari dell’Acquario di Genova parlano attraverso Claudia Gili: «Abbiamo pianto tutti per la morte di Beta. E’ cresciuto con me, sono animali che si relazionano molto con l’uomo, e qui abbiamo per loro tutte le cure possibili. Mangiano cibo ottimo e selezionato, eseguiamo analisi del sangue periodiche per la loro salute». I delfini vengono addestrati anche per questo: il veterinario siede sul bordo della vasca e l’animale appoggia la coda sulle gambe del «dottore» per farsi prelevare il sangue, docile «come un cane con il padrone».
E forse proprio questo attaccamento all’uomo rende difficile la vita del delfino
, cacciato come cibo dai giapponesi, «recluso» nelle vasche degli zoo. Recluso? «
In cattività un tursiope
(questo il nome scientifico dei delfini più usati per gli spettacoli, n.d.r.),
è come un uomo in prigione: non basta una baia o un acquario per lui. Certo, in prigione un uomo può vivere curato e nutrito. Anche un delfino può vivere fino a 40 anni, ma è una vita alienante
». Parola di Sabina Airoldi, biologa di Tethys, l’istituto di ricerca ligure tra i più affermati nel settore dei cetacei. «E’ una questione etica - sottolinea - la cattività è contraria alle esigenze degli animali.
I delfinari sostengono di fare didattica, ma un tursiope in cattività non ci comporterà mai come fosse in mare aperto. Allora quanto è didattico vederlo così?
»
ANTONELLA MARIOTTI
http://www.lastampa.it/lazampa/girata.asp?ID_blog=164&ID_articolo=814&ID_sezione=339&sezione=News
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