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Nepal, animalisti contro il macello (sacro) più grande al mondo

 
NEPAL - L’osservanza di un rito religioso antico contro la crescente sensibilità animalista di un Paese. E’ questa l’essenza dello scontro che sta avvenendo in Nepal in vista del festival induista dedicato alla dea Gadhimai, che sarà teatro del più grande macello al mondo. Nei due giorni di celebrazioni, 25 e 26 novembre prossimi, è infatti previsto il sacrificio di circa 500 mila bestie.

E’ da tre secoli che migliaia di fedeli induisti nepalesi, ma anche dalla vicina India, ogni cinque anni si recano nel villaggio di Bariyapur per ingraziarsi la benevolenza della divinità attraverso il sacrificio delle loro bestie. Come tradizione vuole, anche quest’anno si inizierà dall’uccisione di due ratti, un gallo e un agnello. A seguire, altre migliaia di animali, tra cui 25 mila bufali. Ma il rituale spargimento di sangue previsto stavolta ha scatenato un coro di indignazione da una variegata amalgama di organizzazioni locali e personaggi di fama internazionale.

Le preoccupazioni degli attivisti locali vanno anche al di là dei diritti degli animali. Se all’Animal Welfare Network of Nepal temono ripercussioni sull’immagine del paese himalayano, altre organizzazioni hanno posto l’accento sui rischi igienici. “Fiumi di sangue resteranno sul posto per mesi assieme alle carcasse, l’aria diventerà irrespirabile e gli unici che ne guadagneranno saranno i trafficatori di pelli”, ha sottolineato Govinda Tandon della Stop Animal Sacrifices Alliance.

L’eco della fronte animalista sembra crescere anche grazie all’adesione di personaggi noti come l’attrice Brigitte Bardot e Ram Bamjan, il 17enne nepalese che nel 2005 era stato soprannominato “il piccolo Buddha” dopo aver trascorso 10 mesi sotto un albero senza mangiare, bere e parlare. “Disturbato all’idea della carneficina”, il giovane asceta ha lanciato una campagna che sta producendo qualche frutto. “Tre cittadini ci hanno consegnato i loro bufali che erano destinati a essere sacrificati”, ha dichiarato il portavoce del ragazzo ritenuto dai suoi seguaci una reincarnazione del Buddha. Secondo il Kathmandu Post le istanze animaliste stanno facendo breccia anche in altre persone. “Molti cittadini - ha riferito il giornale locale - stanno vivendo un dilemma, se portare o no i propri animali per il sacrificio, e temono che la questione possa creare degli scontri durante il festival”.

Chi finora non ha preso posizione sulla questione è stato il governo del Nepal, e difficilmente lo farà. Non solo perché ha finanziato con 60 mila dollari l’appuntamento religioso, ma anche perché il “turismo sacrificale” genererà un ritorno economico anche per le casse dello Stato. Del resto, nei palazzi di Khatmandu già sanno cosa si rischia a mettersi contro il macello devozionale praticato nel paese. Quando nel 2008 il governo decise di pagare 108 vacche per salvarle dal sacrificio cui erano destinate, nella capitale ci furono tumulti per giorni.

VALERIA FRASCHETTI

La Stampa


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