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Sabato 8 gennaio circa 400 persone hanno partecipato alla giornata nazionale di mobilitazione indetta da Campagna AIP contro due allevamenti di visoni in provincia di Modena. In Italia sono ancora attive una quindicina di queste strutture e abbiamo deciso di smascherare la triste realtà di questi lager organizzando una serie di presidi davanti ai loro cancelli.
 
Nella settimana prima delle proteste diversi media locali hanno pubblicato articoli vergognosi nei quali risultava chiaro l'intento di criminalizzare e screditare gli attivisti. Non ci interessa quì analizzare le cause dell'ignoranza di alcuni giornalisti del modenese, e nemmeno la difesa a spada tratta dei lager per visoni da parte della quasi totalità dei partiti politici. Ci siamo recati a Fossoli con un unico intento, far sapere ai proprietari degli allevamenti che non avranno pace finchè di posti del genere non resteranno solo le macerie.
Molti attivisti, pur avendo partecipato a centinaia di proteste contro negozi e pelliccerie, non hanno mai avuto l'occasione di recarsi di persona davanti ad un allevamento di animali da pelliccia.
Vedere con i propri occhi le file di capanni e rendersi conto che sotto quelle tettoie sono rinchiusi migliaia di individui in attesa di essere uccisi e scuoiati è un'esperienza che resta impressa nella mente e non può essere dimenticata.
   
L'appuntamento era stato fissato davanti all'ex campo di concentramento di Fossoli, situato nella stessa via dell'allevamento di visoni di Italo Rossi. Uno dei campi da dove migliaia di persone sono state deportate dall'Italia verso i campi di sterminio in Germania e Polonia durante la seconda guerra mondiale. Esseri umani la cui unica colpa era quella di essere ebrei, lesbiche o omosessuali, anarchici, comunisti, oppositori al regime, vittime di una visione del mondo razzista e gerarchica, per la quale alcune categorie di individui erano considerate inferiori e destinate ad essere eliminate. Trattate alla stregua di oggetti, queste persone vennero trasportate in vagoni bestiame verso i campi di sterminio ed eliminate seguendo una pianificazione industriale del massacro.
 Tenendo conto di alcune differenze, dettate dai diversi contesti storici e politici dell'epoca, abbiamo voluto sottolineare alcune macabre somiglianze tra il massacro di esseri umani nei campi di concentramento ed il massacro di animali non umani nei moderni allevamenti intensivi, nel caso specifico quelli destinati all'industria della moda.
 
 
 
Se è pur vero che le motivazioni per cui oggigiorno milioni di animali vengono uccisi e quelle che portarono al genocidio nazista divergono, crediamo sia impossibile negare alcuni parallelismi tra i due fenomeni. Non a caso, è un fatto appurato che gli ingegneri nazisti che progettarono i campi di concentramento e le assurde teorie eugenetiche dell'epoca si ispirarono alle tecniche di allevamento e selezione genetica di animali non umani. Inoltre, a chiunque percorra via Remesina Esterna, imbattendosi a poche centinaia di metri di distanza nell'allevamento e nel campo di concentramento, salta agli occhi la somiglianza architettonica delle strutture dei capanni in cui erano rinchiusi esseri umani e in cui tutt'ora sono rinchiusi i visoni. Questi animali in molti allevamenti vengono anch'essi uccisi con l'uso di camere a gas, come nei campi di concentramento nazisti.
L'ideologia specista affonda le sue radici nella stessa visione del mondo gerarchica ed antropocentrica del razzismo e del sessismo e secondo alcuni ne sarebbe stata il preludio nella nascita della civilizzazione.
Una volta addomesticati gli animali, divenne più facile schiavizzare alcune categorie di esseri umani giustificandosi su differenze arbitrarie e culturali quali etnia, sesso o genere.
 
Dopo alcuni discorsi introduttivi davanti al campo di concentramento, ci siamo spostati in corteo fino all'allevamento di Italo Rossi, la cui abitazione è vicina all'allevamento. Per circa un'ora abbiamo scandito slogan e fatto sentire la nostra rabbia a poche decine di metri dalle finestre dell'abitazione dell'allevatore, difesa da un nutrito cordone di forze dell'ordine.
All'interno della casa abbiamo scorto delle luci accese: la famiglia Rossi sa di cosa si deve vergognare e che farebbe meglio a seguire l'esempio di molti altri che in Italia e all'estero stanno cessando l'attività, di fronte alla pressione di campagne animaliste e alla mancanza di nuove leve nel settore dell'allevamento di animali da pelliccia.
 
 
 
Il secondo presidio della giornata si è svolto davanti all'abitazione e all'allevamento della famiglia Gasparini Casari a Novi di Modena. Al nostro arrivo abbiamo potuto constatare che l'allevamento era chiuso, i capanni completamente vuoti. Due attivisti hanno potuto accedere all'allevamento e verificare di persona la veridicità di quanto riferito dall'allevatore.
Crediamo sia giusto dare merito di questa chiusura a quello che molto probabilmente l'ha causata, ovvero le azioni di liberazione e di sabotaggio nei confronti dell'allevamento e dell'allevatore. In dieci anni, due liberazioni che hanno dato la libertà a migliaia di visoni e due auto dell'allevatore incendiate.
Senza ombra di dubbio questi episodi hanno avuto un peso determinante nella decisione della famiglia Gasparini Casari di rinunciare all'allevamento.
 L'azione diretta porta i suoi frutti ed è compito del movimento appoggiarla ed esprimere solidarietà con chi mette a repentaglio la propria libertà per donarla ad altri.
Tutt'ora resta aperta una pellicceria di proprietà dell'ex allevatore, ma le gabbie del suo lager ora sono completamente vuote e piano piano vengono ricoperte dalla vegetazione. Per questo motivo si è deciso di continuare comunque la protesta per circa un'ora davanti alla sua abitazione.
Dopo altri allevamenti di cui si è scoperta la chiusura nel 2010, questa è l'ennesima prova che l'allevamento dei visoni in Italia è destinato a scomparire. Sta ad ognuno di noi decidere quando.
 
A questo proposito alla fine del presidio è stata annunciata una nuova giornata di proteste nel mese di febbraio. A breve maggiori informazioni sul sito di campagna AIP.
 
Per la liberazione animale,
campagna AIP
 
 
 

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