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«Il tuo gatto ha imbrattato la parete, quindi devi pagare tu le spese per ritinteggiare». Questa l’accusa che Silvia si sente rivolgere all’ultima assemblea di condominio.
  
I suoi vicini di casa sono furenti: hanno appena imbiancato l’androne e dopo pochi giorni si ritrovano il muro pieno di zampate di gatto. Tutti danno la colpa a Mirella, la micia bianca e un po’ discola di Silvia che nel palazzo di piazza Repubblica ha già a suo carico una bella sfilza di precedenti: è solita saltellare qua e là e dietro di sé lascia sempre una scia di vasi rotti, ombrelli graffiati e zerbini divelti. Una «fedina penale» degna dei peggiori gatti del quartiere.
 
Eppure stavolta non è colpa sua. La micia non ha alibi ma nemmeno testimoni oculari che la possono incastrare. Silvia non ne vuole sapere di pagare 800 euro per ridipingere il muro, e cerca di dimostrare che la sua gatta è innocente. Come nelle migliori indagini investigative, sotto consiglio dell’associazione di animalisti Aidaa, ricorre alla prova delle prove: l’analisi delle impronte digitali.
  
In questo caso delle zampette. E allora via con inchiostro e timbro sulla carta. Risultato a sorpresa: la gatta Mirella non è responsabile del pasticcio. Probabilmente la colpa è di un gatto randagio, forse un suo spasimante. Sì, perché nel frattempo si scopre che Mirella aspetta pure dei micini.
  
ilgiornale.it

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