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Milano/  Venerdí 02.01.2009 09:15
 
Ha avuto luogo presso il Tribunale di Vigevano il processo a carico di M.E., un pensionato della Provincia di Pavia, che aveva ucciso un gatto che si era introdotto nel suo orto. Il fatto risale all’agosto scorso quando l’uomo venne sorpreso a gettare nel cassonetto dell’immondizia il corpo del gatto ucciso, insieme all’esca con cui lo aveva attirato (una scatoletta di carne per gatti).
 
La ricostruzione dei fatti operata a seguito della denuncia ha permesso di inchiodare l’assassino: testimonianze di precedenti minacce, la scatoletta, il tentativo di disfarsi del corpo del gatto trucidato, perfino una confessione alla stampa locale. Il colpevole, imputato per il reato di uccisione di animali, ha chiesto di patteggiare la pena base di quattro mesi e 15 gg. di reclusione, ridotta così a due mesi di reclusione.
 
La proprietaria del gatto e la LAV – che si erano costituite parte civile al solo scopo di seguire attivamente il processo ed avere titolo per chiedere una condanna esemplare – esprimono perplessità in ordine alla possibilità di chiedere uno ‘sconto’ di pena (patteggiamento) proprio quando l’evidenza delle prove sia idonea a dimostrare la colpevolezza e l’intenzionalità della condotta. Pur consapevoli di come ciò rappresenti un aspetto complesso del sistema giudiziario, auspicano una riforma che scardini il paradosso esistente nel legame tra evidenza della prova e sconto di pena, e che restituisca dignità e valore alle vittime dei reati.
 
 

 
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