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GERUSALEMME – In fondo, è la vecchia storia del cane in chiesa. E di chi cerca di cacciarlo fuori a sassate. Ma com’è per molte cose che accadono a Gerusalemme, specie se c’è di mezzo la religione, la storia è nata come un passaparola ed è presto diventata l’ennesimo, piccolo caso politico. Tutto nasce da una notizia pubblicata da Hadrei Haredim, sito web che si occupa degli ebrei ultraortodossi: una corte rabbinica di Gerusalemme ha stabilito che un randagio venga lapidato a morte. Motivo: c’è il sospetto che l’«immonda bestia» sia la reincarnazione d’un famoso avvocato, un laico impenitente, da più di vent’anni rimasto nella memoria della comunità di Mea Shearim - il quartiere degli ebrei ultraortodossi nella capitale – per avere all’epoca offeso i giudici del rabbinato locale.

REINCARNAZIONE - L’avvocato è morto da un pezzo, dice il sito, ma il rabbino estremista Avraham Dov Levin non ha mai dimenticato l’onta. E mercoledì scorso, non appena il religioso ha visto il cagnone entrare in un luogo pio qual è la Corte rabbinica per gli affari finanziari, ha capito che cosa stava accadendo: l’animale, che è considerato impuro dalla tradizione religiosa, ha terrorizzato molte delle persone che si trovavano nella sala, soprattutto perché il randagio s’è piazzato al centro dell’aula e non s’è più mosso, ringhiando, nonostante la gente gli lanciasse di tutto per cacciarlo fuori. Dopo la sorpresa iniziale, uno dei giudici si sarebbe ricordato d’un episodio simile: il caso di quel legale che alla fine degli anni Settanta «offese la corte», piazzandosi in quella stessa aula per contestare una decisione e rifiutandosi d’abbandonarla per diversi giorni. «E’ la sua reincarnazione!», ha cominciato a urlare qualcuno. E siccome si sa com’è con queste dicerie, s’è subito trovato chi ci credesse: nonostante fosse passato tanto tempo da quella storia, dopo un sommario processo s’è trovato pure chi riconoscesse nel cagnaccio l’anima morta di quell’importuno legale.

ESPOSTO - Non è ben chiaro che cosa sia accaduto in seguito. Né se il cane sia stato lapidato sul serio: secondo il sito web, uno dei giudici avrebbe reclutato un gruppetto di ragazzini dei dintorni, consegnato le pietre e ordinato loro di uccidere all’istante la bestia, ma il cane a quel punto avrebbe intuito la malaparata, preferendo andarsene da sé. Il rabbino Levin nega d’avere dato una simile disposizione. Ma un suo assistente, intervistato dal giornale israeliano Yedioth Ahronot, in parte lo contraddice: «La decisione di lapidare il cane è stata presa dai rabbini a causa dell’offesa arrecata alla corte. Non è stata emessa una vera e propria sentenza ufficiale, ma ai bambini è stato detto di lanciare le pietre contro l’animale. Per cacciarlo via o per abbatterlo. L’intenzione non era di causare sofferenze al cane: piuttosto, l’hanno considerato il modo più appropriato per ‘pareggiare i conti’ con quell’anima che s’è reincarnata nella povera bestiola». L’episodio, comunque siano andate le cose, ha scatenato le proteste di alcuni animalisti. E venerdì, al consiglio municipale di Gerusalemme, un’attivista che si batte per la difesa dei diritti a quattro zampe, Rachel Azaria, ha reso pubblica una denuncia urgente indirizzata al procuratore generale: «Bisogna applicare la legge, inquisire e punire i criminali». Anche Animals Live, sezione israeliana, ha annunciato d’avere presentato un esposto al capo della polizia del quartiere: chiedono una punizione esemplare per il rabbino.

FRANCESCO BATTISTINI

Corriere della Sera
05 giugno 2011


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