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04/01/2013 Torino - Ha superato il coma, ma non i botti di Capodanno. Derek, dal nome del neurologo di Grey’s Anatomy, era un camoscio operato alla testa per un ascesso grosso quanto il suo cervello. S’era ripreso ed era pronto a tornare nei suoi boschi, ma il mattino del primo gennaio è stato trovato esanime nella sua gabbia dal professor Giuseppe Quaranta, della clinica per gli animali selvatici del campus di Veterinaria di Grugliasco. Non ha retto allo spavento. La morte accomuna Derek a migliaia di animali vittime dei botti della notte di San Silvestro, che ogni anno si ripetono nonostante le denunce delle associazioni animaliste, regolamenti e ordinanze adottati da diversi Comuni. La sua vicenda, però, è senz’altro singolare. «Derek conosceva la doppietta – spiega il professore – e quel rumore deve avergli ricordato gli spari». La mano del cacciatore, per lui, era stata paradossalmente una salvezza. A trovarlo, il 3 dicembre scorso, sui prati di Beaume, una frazione di Oulx (To), era stato proprio un cacciatore che, vedendolo agonizzante, aveva chiamato le guardie faunistiche della Provincia di Torino. La diagnosi era incerta. Dall’Università, la decisione di portarlo alla clinica veterinaria San Michele di Lodi, specializzata in neurologia, che ha offerto risonanza e operazione gratis. «Gli avevamo trovato un ascesso per un’infezione da trauma, in seguito a una caduta o a una lotta con un altro camoscio», spiega Quaranta. L’ascesso comprimeva il cervelletto e per lui restava solo una speranza, il bisturi. «Mai nessuno finora aveva operato al cervello un camoscio – aggiunge il professore – Da una ricerca sulle riviste di settore, come il Journal of Wild Animal, non abbiamo trovato nulla del genere». L’operazione aveva avuto successo e Derek si era svegliato dal coma ed era tornato ad alimentarsi da solo nell’arco di poche ore. Da allora, era diventato la mascotte della clinica dell’università, che è una sorta di Arca di Noè per animali selvatici, convenzionata con la Provincia di Torino per il progetto «Salviamoli insieme». L’anno scorso, semplici cittadini o forze dell’ordine hanno portato qui per essere curati quasi 2.400 animali selvatici, tra cui centinaia di piccioni ma anche animali rari come certe specie di rapaci. Derek era tra i più seguiti sul profilo Facebook della clinica: ogni giorno venivano aggiornati gli status con le sue condizioni di salute e i suoi progressi. Per lui era già stata ipotizzata la data della liberazione in natura, a metà gennaio, dopo un periodo «in prova» nel recinto del campus. «La sua morte, dovuta allo stress e al trauma dei botti, non è stata immediata – spiega Quaranta – Da quanto ho potuto rilevare, dev’essersi dimenato in modo sfrenato, fino a morire per sfinimento». Nella morte non era solo: in una gabbietta vicino a lui, il professore ha trovato anche una poiana che non ha resistito agli scoppi della mezzanotte. Impossibile dire quanti animali selvatici, in natura, siano morti per lo stesso motivo. Anche io ero appassionato di fuochi pirotecnici – confida il professore – fino a quando non ho fatto questo lavoro».
di Capodanno
FABRIZIO ASSANDRI
http://www.lastampa.it/2013/01/04/societa/lazampa/derek-il-camoscio-salvato-da-un-cacciatore-e-morto-di-paura-per-i-botti-quAmnB3KtIvi6eeNQlKg3H/pagina.html