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I GATTI CI "CORROMPONO" CON LE FUSA
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MILANO
– C’è un detto che recita: «
I cani hanno padroni, i gatti hanno degli schiavi
». Che si sia d’accordo o meno, a confermare la teoria che vuole i felini come abili e sottili manipolatori degli umani che di loro si prendono cura vi è ora una ricerca britannica. Realizzata dalla dottoressa Karen McComb della University of Sussex e pubblicata sul giornale scientifico Current Biology, l’analisi ha svelato come gli amici gatti riescono effettivamente a sfruttarci e a farsi accontentare grazie a un
“miao” tutto particolare
.
QUESTIONE DI MIAO
–
Sarebbe infatti un modo speciale di fare le fusa, mescolato a un miagolio basso che in qualche modo ricorda il pianto di un neonato, l’arma segreta utilizzata dai gatti quando hanno bisogno di attirare la nostra attenzione
per ottenere ciò che desiderano, ossia – il più delle volte – cibo o una lettiera pulita. Infatti, a differenza del solito miagolare insistente, che spesso porta il padrone di casa infastidito ad allontanare il gatto dalla stanza, questo verso particolare è irritante ma al tempo stesso irresistibile, e non può essere ignorato.
FREQUENZE IRESISTIBILI
- Analizzando la reazione a diversi tipi di miagolio da parte dei partecipanti allo studio – sia possessori di gatti che non – la dottoressa McComb ha potuto stabilire che le fusa miste a tale tipo di pianto suscitano attenzione anche in quanti non hanno mai avuto un micio.
Secondo la studiosa inglese, infatti, sono emesse a una frequenza che agisce sul cervello dell’uomo e attiva l’istinto di protezione
che normalmente entra in gioco quando dobbiamo prenderci cura dei bambini. In pratica, quando il micio emette questo verso, sentiamo la necessità impellente di accontentarlo purché smetta.
Ed ecco spiegato perché al mattino, appena svegli, non c’è verso di riuscire ad andare in bagno o di farsi un caffè se prima non si è dato da mangiare a Felix, che con il suo miagolio irresistibile e misterioso
ci guida sapientemente verso la ciotola e la busta dei croccantini.
Alessandra Carboni
14 luglio 2009
corriere.it
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