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Un anno e sei mesi Ghislane Rondot, co-gestore di Green Hill 2001 della Marshall Bioresources e della Marshall Farms Group, e Renzo Graziosi, veterinario. Un anno al direttore Roberto Bravi
di F. Q. |
23 gennaio 2015  COMMENTI
    
La prima sezione penale del tribunale di Brescia ha condannato tre dei quattro imputati nel processo Green Hill, l’allevamento di cani beagle destinati alla sperimentazione scientifica, chiuso a Montichiari nell’estate 2012. Condannati ad un anno e sei mesi Ghislane Rondot, co-gestore di Green Hill 2001 della Marshall Bioresources e della Marshall Farms Group, e Renzo Graziosi, veterinario. Un anno al direttore Roberto Bravi. Gli imputati erano accusati di maltrattamento e uccisione di animale. Il 12 gennaio il pm Ambrogio Cassiani aveva chiesto la condanna dei quattro imputati: tre anni per Rondot e due per Bernard Gotti (oggi assolto), co-gestori di Green Hill 2001 della Marshall Bioresources e della Marshall Farms Group. La pubblica accusa poi aveva chiesto una condanna di due anni per Roberto Bravi e di tre anni e sei mesi per Renzo Graziosi, rispettivamente direttore e veterinario dell’allevamento. 
    
“All’interno di Green Hill c’era una strategia precisa – aveva detto il pm Cassiani nel corso della sua requisitoria – non
c’era alcun interesse a curare i cani malati. Le cure avrebbero potuto alterare i parametri per la sperimentazione. I cani andavano quindi sacrificati“. Secondo l’accusa sarebbero stati 6.023 i cani beagle morti all’interno di Green Hill dal 2008 al 2012 contro i 98 morti successivamente al sequestro dell’allevamento. Quando il 12 novembre scorso si era aperto il processo fuori dal tribunale si erano ritrovate alcune famiglie che hanno adottato i cani.  Il Tribunale non aveva ammesso come parti civili Legambiente nazionale e Legambiente Lombardia oltre a Oipa e associazione Vita da cani, mentre era state ammesse Lav, Leal, Lega nazionale difesa del cane ed Enpa.
   
“La sentenza di condanna di Green Hill è un riconoscimento a tutte e tutti coloro che in tanti anni hanno partecipato a manifestazioni a Montichiari e in tante altre parti d’Italia e del mondo, hanno digiunato, firmato petizioni, realizzato inchieste giornalistiche, presentato denunce, scavalcato barriere fisiche e ideologiche che difendevano l’indifendibile” dice Così Gianluca Felicetti, presidente di Lav. Il tribunale ha disposto un risarcimento di trentamila euro per la Lav disponendo anche il divieto per i condannati di allevare cani per i prossimi due anni.
   
Gli avvocati difensori di Green Hill, Luigi Frattini e Enzo Bosio, avevano invece chiesto l’assoluzione per gli imputati perché “il fatto non sussiste e non vi è stata condotta dolosa”. Secondo gli avvocati, inoltre, “non ci sono state violazioni e qualora non fossero state rispettate alcune norme, scatterebbe solo una sanzione amministrativa”. “Sicuramente ricorreremo in appello” ha annunciato il direttore di Green Hill Roberto Bravi. Leggeremo “le motivazioni della sentenza – ha detto – per capire come l’azienda più controllata d’Italia all’improvviso si sia trasformata in quello che impropriamente le associazioni animaliste definiscono “lager“. Intanto – ha aggiunto – l’iniziativa delle associazioni ha causato la perdita di 50 posti di lavoro“.
“Una sentenza storica che segna una straordinaria vittoria per gli animali. Il 23 gennaio sarà la Giornata della Memoria dell’animalismo” ha commentato la presidente nazionale dell’Enpa, Carla Rocchi.
  
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/23/green-hill-condanne-laccusa-nellallevamento-morirono-6023-beagle/1364052/

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