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CENSIMENTO DEL COMUNE 
     
16 marzo 2012 - Genova. Un tempo si chiamavano gatti randagi e chi li nutriva, secondo lo stereotipo in genere vecchie signore un po’ sole, era una gattara. Oggi sono gatti di colonia e chi se ne occupa si chiama tutor o referente di colonia felina. E in effetti molto è cambiato, negli ultimi tempi, in questo campo, non solo a livello linguistico.
A partire dalla legge 281 del 1991: prima di allora gatti e cani di strada venivano soppressi dopo 3 giorni se non si presentava qualcuno a reclamarli. E ancora di più da un anno a questa parte, per quanto ci riguarda, da quando l’ufficio tutela animali del Comune di Genova, il secondo nato in Italia subito dopo Roma, ha varato un regolamento all’avanguardia, ora utilizzato come modello a esempio a Milano.
   
Fra le iniziative del regolamento, il censimento della popolazione felina libera, che è appena terminato, realizzato proprio grazie alle gattare, i cui risultati sono stati resi noti ieri mattina durante un incontro a Palazzo Verde. Ne hanno parlato l’assessore comunale ai parchi e al benessere animale Pinuccia Montanari, Paolo Albonetti dell’ufficio animali del comune e Simona Orecchia della cooperativa Omnia.
  
Sono 4.240 i mici genovesi che non hanno una casa, distribuiti in 457 colonie. La metà di questi sono sterilizzati e fra quelli ancora sessualmente attivi (oggi si dice interi) il 31% sono maschi e il 19% sono femmine. La zona del Biscione conta ben 16 punti di alimentazione per i gatti e in Valbisagno, che è il quartiere a più alta densità felina, ci sono 833 gatti su circa 8 chilometri quadrati, suddivisi in 63 oasi.
Un gatto ogni 93 persone, insomma, visto che gli abitanti sono 77.721. Di tutte le colonie feline censite, il 42% abita in zone asfaltate, il 58% nel verde, fra parchi, aiuole, giardini pubblici, il 35% può contare su una serie di ripari, tipo casette, alcune delle quali fornite dal comune, il 65% invece no.
  
Lucia Compagnino
Il SecoloXIX 
  

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