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25 NOVEMBRE 2009
 
Cani, gatti e conigli in "visita" ai ricoverati
Varato il regolamento
L'ospedale San Martino autorizza l'ingresso agli animali dei pazienti. Ma sarà necessario il via libera dei medici
 
 
Genova. L'ospedale San Martino accoglie ufficialmente tra i suoi ospiti, nei normali orari di visita per i parenti dei ricoverati, anche gli animali. Con qualche discriminazione che si può chiamare razzista, nel senso letterale e per nulla negativo del termine: porte aperte a cani, gatti e conigli, gli esemplari più comuni. Purché siano in condizioni di salute "certificate" e non esistano ragionevoli impedimenti come le dimensioni evidentemente eccessive. Canarini e cocorite sono, invece, esclusi perché considerati "a rischio" di trasmissione di malattie non diagnosticabili. 
 
Il documento che dà il via libera alla rivoluzione è già stato distribuito tra i padiglioni: dai primari agli uscieri incaricati di fare da filtro. La piccola rivoluzione - che scatterà nei prossimi giorni, con ogni probabilità il 1° dicembre - è stata introdotta in sordina, senza proclami e senza "spinte" o "raccomandazioni" eccellenti: il direttore generale del San Martino Mauro Barabino, animalista convinto - si sussurra nei corridoi - possiede un San Bernardo e ama i cavalli, animali che sono esclusi dalle direttive.
La direzione sanitaria avrebbe fatto propria la segnalazione di un portinaio, poi anche la politica si è attivata a seguito di una lettera al Secolo XIX, che lamentava la difficoltà a introdurre animali all'interno del recinto ospedaliero. Quella segnalazione, arrivata negli uffici della Regione, non è passata inosservata. L'irruzione dei quattrozampe in reparto è, davvero, un'iniziativa partita dal basso. Iniziata in un pomeriggio di ottobre, con una telefonata dall'hospice presso il padiglione Maragliano: un usciere della portineria si trovava in difficoltà per la garbata insistenza di un visitatore che aveva con sé un cagnolino di piccola taglia, un fox terrier bianco. La richiesta: poterlo portare "in visita" alla padrona, un'anziana ricoverata in gravissime condizioni, con aspettative di vita molto brevi per un tumore.
 
Il cagnolino, quel giorno, è stato fatto passare come un clandestino: perché quella richiesta di aiuto non poteva essere disattesa e non ammetteva esitazioni. Il direttore sanitario Gianni Orengo si è fatto in quattro, usando fantasia e cuore, per superare gli ostacoli: la valenza davvero curativa della vicinanza di un animale domestico - la pet therapy - è riconosciuta a livello scientifico, recepita dal ministero della Salute, è oggetto di intese particolari , ad esempio quella del 2003 con le province di Trento e Bolzano. Però un conto è attivare percorsi di cura - dalla onoterapia con gli asini alla ippoterapia con i cavalli - ma cosa ben diversa è disciplinare la presenza in reparto di quelli che per molte persone, soprattutto anziani, sono gli amici più cari che alleviano le sofferenze e la noia degli ultimi giorni di vita.
 
Tradurre lo slancio emotivo in linee guida razionali - e trovare il consenso di tutto il personale coinvolto, dai primari ai caposala - non era compito facile. Tre infermiere addette al controllo delle infezioni ospedaliere sono state delegate alla stesura di una bozza di regolamento per disciplinare le modalità di accesso, la gestione degli animali in visita e la burocrazia (necessaria): dai controlli sul libretto sanitario a un certificato (recentissimo) di buona salute dell'animale.
Ancora: nessuna visita sarà improvvisata e l'autorizzazione (richiesta dal paziente o dai suoi familiari con almeno un giorno d'anticipo) sarà filtrata e firmata dai medici di ogni reparto
. E, in caso di camere a più letti, dovrà esserci l'assenso di tutti i ricoverati. Limitazioni necessarie, perché un ospedale è sempre un ospedale. Ma da oggi Fido, Felix e Bugs Bunny potranno sedere ai piedi del letto.
 
Bruno Viani
 
IL SECOLO XIX

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