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ANIMALI TORTURATI: DIRE BASTA?
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Il Parlamento Ue si appresta a modificare la direttiva sull'uso degli animali per scopi scientifici. Con la nuova norma terribili brutalità diverrebbero legali. Le cure per l'uomo hanno un limite nei diritti delle altre creature?
3 settembre 2010 -
La voce per opporsi non ce l'hanno. E le grida disperate che lanciano non si sentono al di fuori dei centri di ricerca.
Ma in difesa degli animali utilizzati per "ragioni scientifiche", spesso con procedure dolorose e barbariche, si è creato un gruppo di illustri cittadini italiani pronti a dare battaglia. Capitanato dal ministro Michela Vittoria Brambilla e dall'oncologo Umberto Veronesi, il gruppo
La coscienza degli animali è sul piede di guerra contro l'Unione europea.
Come scrivono i membri in una lettera aperta ai deputati continentali, «a partire dall'8 settembre il Parlamento europeo esaminerà in seconda lettura la
proposta di revisione della direttiva 86/609 sull'utilizzazione degli animali per scopi scientifici». Una proposta che rischia di tramutarsi in un incubo, legittimato dalle finalità di sperimentazione, per cavie, cani, gatti, conigli e le altre creature "da test".
Con il voto sulla bozza, infatti, diventerebbero legali la sperimentazione su cani e gatti randagi,
il riutilizzo di animali già sottoposti a esperimenti, gli interventi senza anestesia e invasivi per scopi didattici, senza contare vere e proprie torture come il nuoto forzato fino allo sfinimento, l'isolamento di animali per lunghi periodi e test di tossicità acuta o di vaccini che determinano deterioramenti permanenti.
Pratiche definite «crudeli nei confronti di esseri che hanno un elevato livello di sensibilità», «non in linea con i principi delle istituzioni civili» e neppure «indispensabili per gli scopi scientifici».
Secondo il gruppo "ribelle", così come dal 2013 sarà vietata la vendita di cosmetici testati su animali, così
la ricerca dovrebbe trovare metodi alternativi alla sperimentazione animale.
Dal campo scientifico rispondono che senza test sulle cavie molti farmaci potrebbero rischiare di essere pericolosi per l'uomo.
La domanda, quindi, è: fino a dove si può spingere la ricerca, trascurando i diritti degli animali? E quando la tutela di questi deve lasciare strada allo studio di cure per l'uomo?
Libero.it
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